ALLENARE L’AGONISMO EDUCATIVO, EDUCARE ALLA VITA

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QUALE DOVREBBE ESSERE LA GIUSTA FILOSOFIA PORTANTE DI UNA SOCIETÀ SPORTIVA?

C’è chi dice che non conta vincere, ma è fondamentale permettere a tutti di partecipare oppure c’è chi sostiene l’importanza di avere una mentalità vincente e quindi la necessità di scegliere ogni volta gli atleti migliori che devono essere coinvolti.

Nel primo caso, porre la vittoria al secondo posto rispetto alla possibilità di partecipare ad un evento sportivo, vuol dire dare valore allo stare insieme, alla condivisione di esperienze e di amicizie; in parte si accettano i propri limiti e quelli degli altri.

Seguendo questa concezione si eliminano le catalogazioni di titolare e panchinaro e con queste il dover dimostrare il proprio valore e la propria bravura a tutti i costi, infine vuol dire eliminare ogni sorta di agonismo, perché affidandosi a questa filosofia non si può che associare ad esso una connotazione negativa.

Dall’altro lato, invece, porre la vittoria al primo posto a discapito della possibilità di una partecipazione ampia, vuol dire accrescere il senso di responsabilità e una buona dose di sacrificio, impegno, costanza, desiderio di riuscire.

Vuol dire anche affrontare ogni allenamento, ogni sfida come un’occasione di crescita personale, vuol dire considerare l’agonismo come un’anticamera verso la vita adulta, dove ognuno deve dare il meglio di sé per il progresso della società.

 

 

QUALE DI QUESTE FILOSOFIE PUÒ CONVIVERE CON LA PALLAVOLO, PIÙ IN GENERALE CON LO SPORT?

Bisogna unire le due cose, allenare, cioè, l’agonismo educativo.

La pallavolo è per sua natura un gioco, non ha quindi un carattere produttivo, ma è gratuità, è uno sport bello e gradito per se stesso.

La competitività non è applicata contro l’altro, ma al gioco e alle prove che la pallavolo comporta, si gioca insieme, non contro.

In un mondo che considera solo i vincitori, è un traguardo insegnare ai giocatori più piccoli che praticano questo sport ad imparare a perdere, senza per questo considerarsi perdenti; da qui dipende l’equilibrio emotivo e la tenuta della personalità di giocatori che stanno crescendo sia fisicamente sia psicologicamente.

Una vittoria sportiva è relativa ad un percorso di crescita generale della loro persona, perché nessuno si illuda che una vittoria sul campo possa coincidere con una vittoria nel grande stadio della vita.

 

 

 

DOVE STA IN TUTTO QUESTO IL RUOLO DEL COACH?

L’educazione è una relazione a due, non posso vedere il mio piccolo atleta di dodici anni come un vaso da riempire, ma piuttosto come un fuoco da accendere, un seme da aiutare a fiorire. Lo sport è un mezzo speciale per la carica di umanità che ha in sé, ma purtroppo è una realtà in cui si insidiano dinamiche a volte negative, non sempre lo sport è educativo. Sicuramente però, oggi più di ieri, lo sport è una grande agenzia dell’educazione.

Le federazioni sportive nazionali identificano diverse età di inizio dell’agonismo, possiamo individuare cinque tappe: la fase del gioco 4-5 anni, la fase della formazione di base fino ai 13, quella di allenamento giovanile, seguita da quella di allenamento specialistico ed infine, quinta e ultima tappa, quella di allenamento di alto livello.

 

La parola agonismo deriva dal greco agon che significa letteralmente gara: si riferisce ad uno strenuo impegno connesso alla volontà di vincere, allo spirito di competizione che concorre alla promozione e all’incremento di livelli individuali di resa.

Esistono svariate definizioni, alcune sicuramente sbagliate: vedere la gara come una battaglia e quindi come una guerra, porta a considerare un avversario come un nemico, da qui segue l’idea che vittoria equivalga al giusto e la sconfitta a ciò che è sbagliato, tutto questo porta ad aggressività e violenza sul terreno di gioco.

La pallavolo, come ogni sport, nasce come elemento di confronto con l’avversario, con se stesso e con le leggi della natura. Il traguardo da raggiungere c’è sempre, c’è sempre un elemento fisico da superare, un avversario da battere.

La pallavolo veicola una spinta motivazionale, elemento di predominio simbolico da parte di un giocatore su un altro, o più in generale di una squadra su un’altra.

 

AGONISMO: SI;     EDUCATIVO: DIPENDE

 

I giovani vivono l’agonismo tutti i giorni, se non sono i genitori o se non è la scuola ad educare all’agonismo, i giovani svilupperanno la loro idea. Educare questo valore vuol dire insegnare agli atleti l’utilizzo della propria aggressività, in modo efficiente, all’interno di regole.

La persona, in primis, deve fare tutto il lecito per vincere, ma accetta anche di perdere. Un sano agonismo si basa su una sana aggressività, cioè su un’aggressività concentrata sullo scopo da raggiungere e non sull’umiliazione dell’avversario o, peggio ancora, sul gratuito danneggiamento di questo.

Per questo è necessario insegnare ai ragazzi a vincere e a perdere, perché vuol dire anche insegnare ad accettare i propri limiti. Attenzione, questo non vuol dire “non valgo”, bensì “io valgo comunque”, lo stesso Velasco veicolava un valore preciso: se non gioco bene a pallavolo, giocherò meglio ad un altro sport, e se non giocherò bene a nessuna cosa, vuol dire che avrò bisogno solo di divertirmi e che farò qualcosa di importante in un altro campo, forse farò l’arbitro, forse farò il tifoso.

Per concludere, è necessario aiutare il bambino a direzionare la propria volontà di potenza e di auto affermazione.

È importante che sia il coach a trasmettere i valori di coesione, di resistenza agli sforzi, perseveranza e progettazione per raggiungere obiettivi comuni.

Lo sport può fornire un’opportunità per evitare rischi di comportamenti autolesivi ed essere un ponte tra l’adolescenza e l’età adulta.