Il legame tra alcol e pratica sportiva è antichissimo e molte sono le leggende e i resoconti storici che riguardano proprio il rapporto tra vino e lo sport, ad iniziare dalle spropositate libagioni (dieci chili di carne, dieci di pane e dieci litri di vino) attribuite al leggendario Milo di Crotone. Il consumo di vino era proibito agli atleti che partecipavano alle Olimpiadi dell’antica Grecia tanto che un sacerdote all’ingresso dello stadio ne controllava l’alito per scoprire e squalificare coloro che ne avessero fatto uso. Il problema del metabolismo dell’alcol e pratica sportiva è tutt’altro che secondario ed ha implicazioni sia per le norme antidoping che regolano determinate discipline e sia per l’effetto dell’alcol sul metabolismo e sulla prestazione sportiva. Innanzitutto bisogna dire che per alcol si intende una classe piuttosto vasta di composti organici ma generalmente ci si riferisce al principale componente: l’alcol etilico o etanolo. Questo è un nutriente, non essenziale, energetico (fornisce 7,1 kcal per grammo di sostanza; 1 grado alcolico corrisponde a 0,79 grammi di alcol, pari a 5,5 kcal), strutturalmente molto simile ai carboidrati. La velocità di assorbimento dell’alcol dipende da vari fattori come la quantità, la qualità, e la gradazione alcolica della bevanda ingerita. Anche la presenza, la qualità e la quantità del cibo contenuto nello stomaco giocano un ruolo importante. A digiuno l’assorbimento di una dose di etanolo è massima (circa il 90%) già un’ora dopo l’assunzione; l’alcolemia raggiunge il picco entro 40-45 minuti per poi ridursi progressivamente a zero in 8-10 ore. L’ingestione contemporanea di cibo rallenta significativamente il tempo di assorbimento (50% nella prima ora e 80% nella seconda ora). Dopo l’assorbimento, l’alcol si distribuisce per diffusione in tutti i tessuti in funzione esclusivamente del loro grado di vascolarizzazione (il cervello è un organo molto idratato e vascolarizzato). Nel contesto delle problematiche relative alla corretta alimentazione degli atleti, il valore energetico (7 kcal per grammo di sostanza) rappresenta un fattore di grande rilevanza rispetto a tutte le discipline sportive. Infatti, chiunque, pratichi una qualsivoglia attività sportiva, deve sempre mirare al raggiungimento del proprio peso corporeo ideale. Oltre a questo inconveniente altrettanto importanti sono le ripercussioni dell’etanolo sul metabolismo in generale ed in particolare glucidico e lipidico. Innanzitutto va detto che l’organismo umano non è in grado di trasformare l’alcol etilico in glucosio o glicogeno e, se assunto in eccesso, blocca la trasformazione dell’acetaldeide, sostanza molto tossica per l’organismo. Per quanto riguarda gli effetti sul metabolismo lipidico l’etanolo interferisce con i processi mitocondriali della betaossidazione; ciò determina l’aumento di corpi chetonbici e quindi chetosi. Va inoltre tenuto conto che gli effetti descritti si rendono ancora più evidenti dopo un periodo di esercizio fisico intenso o di scarsa alimentazione. Infatti la somministrazione di etanolo dopo un esercizio fisico molto intenso induce una riduzione della glicemia fino anche al 30-40% del suo valore normale. A sua volta l’ipoglicemia è in grado di interferire, a livello encefalico, con i meccanismi della termoregolazione.
L’alcol esercita un effetto diuretico e pertanto influenza anche il bilancio idrico. E’ evidente, quindi, che l’etanolo e i suoi derivati perturbano l’equilibrio metabolico cellulare e, se assunti in eccesso, sono in grado di esplicare effetti tossici. Per quale motivo allora gli atleti potrebbero essere tentati di consumare sia pur modeste quantità di bevande alcoliche per migliorare la prestazione sportiva, quando gli effetti metabolici dell’etanolo sono prevalente ergolitici piuttosto che ergogenici? Una possibile spiegazione nasce dalla constatazione che gli effetti della somministrazione di bevande alcoliche dipendono dai livelli di concentrazione plasmatica dell’alcol (alcolemia) e che per tassi alcolemici sufficientemente bassi si verifica una riduzione della tensione nervosa ed una sensazione di rilassamento. Questi effetti sul Sistema Nervoso Centrale (SNC) possono risultare utili nell’allontanare lo stato di tensione emotiva e di ansia prima o durante la gara, soprattutto in quelle discipline sportive dove il risultato è fortemente determinato dalla capacità di autocontrollo e di limitare al massimo i movimenti attivi e passivi, sia pure impercettibili del proprio corpo, come si verifica ad esempio nelle varie specialità dei tiri. L’alcol può quindi indurre un effetto favorevole di tipo prevalentemente psicologico sulla prestazione sportiva attraverso una maggiore autostima, una riduzione della sensazione di dolore e di ansia, nonché aiutando gli atleti a rimuovere eventuali difficoltà psicologiche, ma solo se assunto in dosi molto modeste e sotto forma di soluzioni acquose diluite, come vino e birra a bassa gradazione alcolica, tali da indurre un graduale e moderato aumento dell’alcolemia (0,02-0,04 g/dl). Alcuni dei principali parametri fisiologici, quali la frequenza cardiaca, la gittata sistolica ed il consumo di ossigeno, in corso di esercizio fisico massimale e submassimale, non sarebbero influenzati dalla somministrazione di dosi moderate di alcol, né in generale sono stati documentati effetti durante test sulla resistenza aerobica. In definitiva, quindi, da quanto sin qui detto emerge che l’alcol non può essere identificato come un nutriente in grado di aiutare l’atleta. In linea generale è possibile “tollerare” un consumo abituale di bevande alcoliche da parte degli atleti tale che sia sempre ampiamente inferiore (circa la metà) rispetto al quantitativo massimo accettato per la popolazione generale (non superiore al 10% dell’Energia Totale Giornaliera introdotta con gli alimenti). In ogni caso i superalcolici devono essere evitati il più possibile se non del tutto banditi.