VOLLEY E ABILITÀ TECNICA

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(immagine di Luciano De Cecco)

L’abilità necessaria nella pallavolo è decisamente specifica per questo gioco; pertanto l’abilità acquisita nella vita di tutti i giorni o in altri sport è poco influente per il volley. Tutto ciò implica che per giocare in modo soddisfacente, è determinante impararne la tecnica, esattamente come per ogni altro sport.

La particolarità della tecnica nella pallavolo, è che ha vincoli specifici.  

Il primo è il vincolo temporale associato al divieto di trattenere la palla e questo risulta essere forse l’aspetto principale del gioco; non solo, e’ anche uno degli aspetti chiave dell’allenamento specie per i giovani atleti.

In effetti tutte le tecniche della pallavolo, con la sola eccezione del servizio, mirano a soddisfare questo limite di tempo.

COS’È UNA TECNICA?

Si dice che un giocatore è molto tecnico quando esprime una particolare abilità ed efficienza nel risolvere un compito, avvalendosi di ripetuti gesti armonici e coordinati. Quindi le abilità nella pallavolo sono, come in altri sport e nelle attività umane, sviluppate, modificate, selezionate e catalogate durante il corso di sviluppo della pratica.

Chi crea la tecnica per un particolare gesto è il giocatore affermato, tale da essere riconosciuto da tutti come “il campione” naturalmente per le sue performances.

Osmany Juantorena

Dunque le soluzioni più efficaci messe in atto dai giocatori esperti migliorano e perfezionano lo sviluppo del gioco, creando altresì un modello da essere trasmesso come forma tecnica.

Questa è l’esatta definizione di tecnica: un’abilità trasmessa. Un modo efficiente e affidabile per fare cose che possono essere insegnate.

Nonostante tale premessa, per complicarci ulteriormente la vita, si può affermare che solitamente nelle situazioni rispecchianti tanta incertezza come nella pallavolo la perfezione del gesto non esiste.

Vale a dire, non esiste nell’assoluto come soluzione da riprodurre all’occorrenza in modo identico.

Facendo comunque un’eccezione per il servizio, si può asserire con estrema certezza che durante una partita nessun giocatore ripete due volte lo stesso gesto per il semplice motivo che non si trova mai due volte negli stessi limiti di tempo, spazio e situazione tattica.

Nello sport è possibile osservare o persino misurare i parametri dell’azione motoria i cui valori non sono mai identici, ma la cui combinazione risponde ogni volta a principi stabili.

I grandi campioni sono caratterizzati dalla loro capacità di produrre costantemente il gesto più efficace nella situazione che si presenta. Ciò significa che ottengono quasi sempre il miglior compromesso possibile in ogni situazione particolare, uniformandosi a parametri permanenti che ne sostengono l’efficienza.

Ivan Zaytsev

L’insegnamento della tecnica è quindi:

consentire ai principianti di accedere a soluzioni efficaci accumulate durante la storia del gioco.

Identificare i principi che sono alla base dell’efficacia e dei parametri su cui possono giocare in base alle condizioni.

Associare qualsiasi tecnica all’obiettivo (il motivo dell’azione, ciò che si vuole raggiungere) nelle condizioni in cui si agisce.

 

Questi principi e parametri, sono i “punti di riferimento” per l’apprendimento e l’osservazione.

È appropriandosi di questi parametri di riferimento che i giocatori saranno in grado di adattarsi.

Risulta necessario pertanto, piuttosto che isolare il gesto, considerare la natura globale dell’azione.

 

Ad esempio, per la ricezione, l’analisi potrebbe essere la seguente:

Cosa sto cercando di fare? (Obiettivo, altezza della traiettoria)

Cosa ho fatto? (Risultato dell’azione – “il durante”)

Dove ero all’inizio dell’azione? (Il “prima”)

Quando ho iniziato a muovermi? (Attenzione, vigilanza, tempo di reazione)

Come erano i miei piedi nella fase d’attesa?  (Orientamento, stabilità)

Dove ho ricevuto la palla in relazione ai miei supporti? (Equilibrio, distanza)

Su quale parte del corpo? (area di contatto e controllo)

 

I principi formulabili sono identificati. Ad esempio:

Se colpisco la palla un pò a destra del suo asse verticale, la traiettoria viene deviata a sinistra.

Se alle braccia cambio l’orientamento della superficie di contatto, perdo la precisione.

Se do la giusta velocità con le gambe, posso controllare l’orientamento della superficie ed essere preciso.

Samuele Papi

Una delle questioni più interessanti da un punto di vista educativo, è assicurarsi che il giocatore possa spontaneamente analizzare le sue azioni (Avrei dovuto fare così…  Avrei potuto muovermi prima… ecc.).

Questo comportamento, anche tra i giocatori più giovani, a condizione che sia incoraggiato, crea un personale stimolo focalizzato al migliorarsi costantemente.

Le azioni in realtà raramente sono completamente giuste o sbagliate.

In un’analisi approfondita, spesso si osservano aspetti ben gestiti e altri no.

La ricerca spasmodica della perfezione nel gesto, oltre a essere generalmente decontestualizzata, restituisce troppo spesso il giocatore giovane al suo fallimento che potrebbe coinvolgerlo in un rallentamento nel percorso di apprendimento causato da ingiustificati timori di sbagliare ancora.

TECNICA O TATTICA?

Già dall’inizio nei giovanissimi è presente la tattica in una forma base.

Es: non lasciar cadere la palla dalla propria parte bensì rimandare il problema (la palla) all’avversario sperando nel suo errore è una tattica che potrebbe essere appagante in un primo momento. (Mi spiace però sottolineare a tal proposito, che molti allenatori usino tale tattica anche a più alto livello…credo per mancanza di conoscenza specifica della propria disciplina).

 

La tattica risponde alla domanda: cosa fare? È quindi l’identificazione degli obiettivi nonché  la differenziazione degli stessi (combinazione d’attacco/contrattacco o passaggio, schiacciata o pallonetto… ecc…)per poter fare quel punto in più che permette la vittoria.

 Luciano De Cecco

La tecnica risponde alla domanda: come? È quindi l’altra faccia inseparabile dell’azione del gioco: quando la tattica diventa più complessa, richiede la formazione di nuove abilità, l’acquisizione di nuove tecniche. Questa acquisizione apre nuove ambizioni tattiche.

 

SPORT TECNICO = SPORT DIFFICILE  riservato ad atleti maturi?

Molte esperienze specialmente nell’ambito scolastico dimostrano che non è così.

Se esistono lacune, sono tra la rappresentazione che danno esperti pallavolisti adulti a cui si fa riferimento e quella che può essere prodotta dai bambini dell’età della scuola primaria o secondaria.

Infatti, se non si impone nel gioco di bambini o adolescenti che iniziano, il modello di quelli esperti, la pallavolo è molto accessibile in forme di pratica adattate alle età e alle impostazioni di intervento.

Tuttavia, in queste forme di pratica , che sembrano essere diverse da quelle di riferimento (pallavolo adulto competitivo), sarà necessario mantenere la parte logica del gioco e dei problemi che ne comporta.

Importante è poi sottolineare che, anche se le forme cambiano durante l’evoluzione del gioco e del giocatore, i principi di base fondamentali restano. (Nulla di ciò che era vero all’inizio dell’apprendimento diventa falso dopo e pertanto sostituito).

 

E’ NECESSARIO ESSERE TECNICI DI PALLAVOLO PER INSEGNARLA?

SI, ASSOLUTAMENTE SI … specialmente per i settori giovanili

La Federazione propone corsi di formazione dove vengono presentati e discussi molti problemi essenziali per il Volley e come conseguenza,  principi tecnici e tattici di base derivanti dalla soluzione dei medesimi.

Naturalmente sarebbe auspicabile che i più bravi allenatori, venissero inseriti dalle società nei settori giovanili come importantissimo piano di investimento per un miglior futuro.

Purtroppo avviene esattamente il contrario e i predestinati a lavorare nei settori giovanili sono per lo più coloro che sono agli inizi, oppure peggio ancora, quelli che non hanno trovato qualcosa di meglio.

Accade anche però di aver fortuna e quindi di poter osservare società e soprattutto “ALLENATORI – INSEGNANTI” che non ricercano nè gloria personale, nè blasone, sviluppando così con criterio i vari comportamenti motori orientandoli esclusivamente alla crescita sportiva dei giovani loro affidati, indipendentemente dai risultati numerici di qualunque classifica.

 

L’esperienza costruita in tanti anni di attività, mi permette umilmente di affermare che un allenatore di pallavolo:

non è bravo solo perché propone delle “novità” in allenamento o in partita;

non è bravo solo perchè accondiscendente o simpatico ai più;

non è bravo solo perché ha allenato in serie A/B/C….

non è bravo solo perché ha il massimo dei “gradi” raggiungibili

non è bravo solo perché sa tante cose e parla bene

ecc….

Il bravo allenatore è anche e spesso soprattutto un ottimo INSEGNANTE ed ecco perché sarebbe necessaria una maggiore selezione specie per quanto riguarda il settore giovanile.

Il bravo allenatore allena anche se stesso:

Osserva attentamente  filmati estrapolandone le azioni più vicine alle situazioni che via via si presentano.

Annota e analizza le particolarità salienti per arricchire gradualmente il processo personale di apprendimento.

Differenzia una risposta motoria da un’altra rispetto a criteri proposti o addirittura imposti.

Valuta attentamente i successi o gli insuccessi dei suoi allievi senza esaltarli in un caso, né tantomeno deprimerli nell’altro.

Si confronta quotidianamente con i colleghi discutendo e ascoltando altri punti di vista che potrebbero essere applicati a risolvere.

 

Diventare un allenatore di pallavolo, come per gli altri sport, è intraprendere un percorso dove la sete di imparare non deve mai esaurirsi e quando eventualmente si attenua credo sia giunto il momento giusto per smettere, evitando di arrecare danni…

I giocatori anche fossero giovanissimi, imparano in fretta quando e perché un’azione potrebbe avere successo o fallire… come imparano molto velocemente a “spulciare” ciò che viene loro impartito con sommaria superficialità.

b.c.